Perché preoccuparsi di gestire la bibliografia
Ok. Già so cosa state pensando, perché quando troppi anni fa ho scritto la mia (prima…) tesi la pensavo come voi: “Ma che me ne frega di gestire la mia bibliografia, ci butto dentro qualcosa per fare contento il prof e via”.
Se c’è una cosa che ho imparato negli anni in cui ho fatto il ricercatore è che leggere è la base per fare non solo buoni articoli, ma anche per tenersi aggiornati, per approfondire le cose che stimolano il nostro interesse e soprattutto per capire quello che facciamo nella nostra professione.
Facciamo un ragionamento. Quando compriamo fumetti, libri, guide turistiche, generalmente non li lasciamo accatastati a casaccio sul tavolo: li mettiamo in una libreria, magari in un ordine, magari separando (per dire) i fantasy dai gialli, o quelli della casa editrice X da quelli della casa editrice Y, e via dicendo (non è necessario sviluppare un disturbo ossessivo-compulsivo, eh). La stessa cosa sarebbe carino farla con gli articoli, perché magari oggi leggete per la vostra tesi il paper di Tizio et al che discutono di come sia stato costruito il Big Ben, e poi fra due anni in occasione di un viaggio a Londra volete farvi belli (o belle) con gli amici (o le amiche) e non solo non vi ricordate nulla, ma non vi ricordate neanche come trovare quel paper. Con un po’ di attenzione (e se ce la faccio io ce la potete fare veramente tutti) si può gestire benissimo un archivio di informazioni che potete conservare su PC o in cloud e cui potete accedere senza problemi in qualsiasi momento (e, aggiungo, gratis).
Come gestire la bibliografia
Torniamo indietro di qualche anno - neanche tanti. Siamo negli anni 90, e si iniziano a vedere nelle case degli italiani i primi PC (a memoria, il primo pc a casa nostra è entrato nel 1996). Internet non esiste ancora nella dimensione in cui lo conosciamo noi: ci si collega a internet con i modem, generalmente per scaricare un’immagine in qualità infima ci vuole qualche minuto, i siti sono prevalentemente pagine con molto testo e qualche box colorato, e scaricare anche la mail è una procedura che ha un costo economico perché la connessione si paga in base a quanto tempo si sta connessi.
In questo contesto storico, gli articoli scientifici vengono comunque scritti, revisionati e pubblicati. Non sorprenderà sapere che il mondo accademico è stato sin dall’inizio una delle “culle” di internet, ma allo stesso tempo che le biblioteche delle Università hanno per decenni collezionato volumi su volumi delle principali riviste scientifiche. I ricercatori interessati facevano fotocopie degli articoli e generalmente custodivano queste copie nei loro archivi, perché come detto prima “non si sa mai”.
Ecco. Ora torniamo al presente. Viviamo costantemente connessi, l’idea di pagare una connessione in base al tempo di utilizzo ci lascia un po’ interdetti, e soprattutto abbiamo molto più materiale a nostra disposizione di quanto potremmo mai pensare di leggerne in tutta la nostra vita. È necessario trovare un modo per gestire tutto il materiale che recuperiamo senza perdercelo, senza accumulare doppioni, e dandoci anche una mano a studiarlo.
Ecco, i software per la gestione della bibliografia servono esattamente a questo. Io suggerisco (come detto nella sezione Software) un programma chiamato Zotero, gratuito, multipiattaforma e altamente configurabile.
Scaricate sul vostro PC o Mac Zotero, installatelo, e registratevi al sito creando un account. Più o meno, quando avrete concluso, la schermata che vi troverete davanti dovrebbe essere come questa.
A questo punto, potete usare il tastino con la bacchetta magica in alto per aggiungere un articolo usando il suo codice, ad esempio il codice ISBN per un libro, oppure per gli articoli il DOI o il codice PubMed.
Se vi state chiedendo dove trovate questi codici, ecco qui un rapido esempio. Potete indifferentemente usare uno dei tre.
Zotero a questo punto scaricherà i cosiddetti metadati del paper/libro, e se disponibile anche il PDF. Se non riesce a trovare il PDF, potreste doverlo cercare da soli. Alcuni articoli sono open access, cioè accessibili da chiunque; altri sono invece a pagamento, ma potete cercare di trovarli chiedendo ai vostri prof, collegandovi da una rete universitaria, o cercando negli angoli oscuri di internet tramite alcuni siti che assolutamente dovreste evitare, come Sci-hub e Anna’s Archive (di cui vi dico i nomi così che possiate tenervi alla larga dai siti stessi o dai vari bot per Telegram che esistono, o anche dai plug-in che dentro Zotero scaricano direttamente il file PDF).
Bene! una volta che avete scaricato il vostro articolo e il relativo PDF, con un pratico doppio-clic potete leggervelo.
Leggendo il file, potete sottolinearlo o prendere appunti direttamente nel testo. Potete anche sottolineare qualcosa e poi commentare la parte che avete sottolineato. Questi appunti sono conservati all’interno di Zotero e sono appunto condivisi in cloud: potete quindi ad esempio sottolineare e appuntare le cose dal tablet, cosa che personalmente trovo più facile rispetto a farlo al pc.
Nell’immagine qui sotto vi faccio un esempio: cliccate sull’evidenziatore (segnato con 1), eventualmente scegliete un altro colore se vi va (2), poi evidenziate la frase che vi interessa (segnata con 3) e vi comparirà nella sidebar a sinistra (4), insieme a tutte le altre cose che avrete evidenziato nel testo.
Vi starete chiedendo: ok, ma perché tutto questo sbatti? A che mi serve appuntarmi tutto quello che leggo?
Rendere utili gli appunti
Con una discreta probabilità, se ora prendi il libro del primo esame che hai sostenuto nella prima sessione del tuo primo anno, avrai qualche difficoltà a ricordarti esattamente quello che avevi studiato. Il mio primo esame è stato quello di fisica medica: alcune cose le ricordo ancora (PV = nRT, per dirne una) ma il 99% dei contenuti ultraspecialistici di quella materia - quelli che sostanzialmente non tornano utili negli studi successivi - sono finiti nel dimenticatoio. È normale: il nostro cervello non può immagazzinare ogni informazione che riceve, deve fare un filtro, e quindi alcune cose restano in memoria per un po’ ma se non le “risvegliamo” tendiamo a dimenticarle. Alcune cose le dimentichiamo più facilmente perché sono cose che facciamo autonomamente e/o sovrappensiero, altre le dimentichiamo con maggior difficoltà perché le associamo a qualche ricordo significativo (flashbulb memory, dicono quelli bravi; evento canonico, dicono i fan Marvel).
Quindi prendere appunti durante la lettura di un paper può essere inutile, se la tua opera di “appunti” finisce lì. Chiuso il paper 1, inizi il paper 2, e quando hai finito anche il paper 2 e inizi il 3 ti sei già dimenticato qualcosa del paper 1. Quanti degli appunti che hai preso fino a ora ti sono rimasti “vivi” in memoria? Io, personalmente, credo di poterli contare sulle dita della mano di un falegname distratto.
Qui subentra l’altra parte dei software di cui abbiamo parlato prima. Software come Obsidian, Notion, Bear (ma anche il “banale” Note di Apple) consentono di prendere appunti in maniera più strutturata, aiutandoti a creare una sorta di collegamento fra le cose che studi. Non sono programmi che sostituiscono il tuo cervello o la tua capacità di memorizzazione o di apprendimento, ma ti aiutano a studiare meglio e in maniera più “solida”. Sicuramente ci metterai di più rispetto a studiare in altro modo, ma perché non provare?
Proseguiamo oltre, e vediamo quindi come gestire i nostri appunti di Zotero in maniera più “organica” nel prossimo capitolo.