Iniziamo DAVVERO a scrivere!
Se avete seguito finora, avrete capito che scrivere la tesi è letteralmente l’ultima cosa da fare. Prima si studia, poi si prendono appunti, poi si studia ancora, poi si prendono altri appunti… finché più o meno non siamo soddisfatti, e solo allora iniziamo a scrivere. Purtroppo o per fortuna viviamo in un mondo in cui vengono giornalmente pubblicati più articoli di quanti ne potremo mai leggere, quindi non è possibile dire quanti articoli servano per scrivere una tesi (o in generale qualunque elaborato). Se è vero che alcune riviste scientifiche mettono un limite alle citazioni, per il momento possiamo dire che per una tesi generalmente questo limite non esiste, ma per il bene di tutti è comunque il caso di non esagerare troppo. Ma in termini pratici, cosa bisogna realmente sapere per la stesura di un elaborato? C’è una sorta di “scaletta” da rispettare? In linea di massima, no. Ma possiamo prendere in considerazione alcune cose per rendere più facile questa fase.
Quanti capitoli deve avere la tesi?
In generale, una tesi ha le seguenti sezioni:
- un abstract, che è il “riassunto” di tutta la tesi, come quello che trovare sul retro o sul risvolto della copertina del libro. Chiaramente è l’ultima cosa che si scrive, perché dovete aver già chiaro tutto il resto…
- una sezione introduttiva, in cui si introduce (ma guarda un po’) il tema della trattazione.
- una sezione “esplorativa”: i risultati della vostra ricerca bibliografica se avete fatto una tesi compilativa, oppure le sezioni idonee per una tesi sperimentale (materiali e metodi, risultati, e discussione dei risultati). In questa guida non parliamo della parte di ricerca sperimentale perché è un argomento immenso, e se volete fare uno studio sperimentale (o se ve ne viene affidato uno) chiedete informazioni direttamente al relatore. Per tutto il resto, comunque, fate riferimento a questa guida per creare il background “letterario” della tesi.
- una sezione conclusiva, in cui si tirano un po’ le somme di tutto il lavoro.
- la bibliografia, che potete creare usando Zotero o app simili (sì, potete anche farla a mano, ma perché complicarsi inutilmente la vita? parola di uno che ha scritto la bibliografia della sua tesi di laurea a mano e ha passato ore e ore a correggerla)
- i ringraziamenti, se volete metterli (e state tranquilli che ci sarà più di una persona fra i vostri conoscenti che leggerà solo quella pagina)
L’outline del lavoro
Per molte persone la cosa più semplice da fare è partire con un outline del lavoro. Concettualmente va bene, ma come detto prima, è essenziale avere già più o meno in testa l’argomento e un po’ di letteratura prima di buttare giù la prima versione dell’outline (che quasi sicuramente sarà cambiata in corso d’opera).
Una scaletta del lavoro vi serve per evitare di perdere il filo, ma vi troverete probabilmente nelle condizioni di dover cambiare qualcosa. Magari nella prima stesura della scaletta avete pensato di trattare gli argomenti in un determinato ordine, ma nel momento di scrivere vi risulterà più “logico” invertire le cose. Alcuni capitoli vi sembreranno troppo lunghi e altri troppo brevi: i primi li dividerete, altri li accorperete. Insomma, siate elastici: tenere uno schema troppo rigido è controproducente.
Da dove inizio?
Vi verrà spontaneo iniziare dall’introduzione, perché logicamente vi verrà sicuramente spontaneo pensare che sia la parte più utile da cui iniziare, trattandosi di quella con cui presentate il vostro lavoro a un eventuale lettore. Praticamente ogni guida alla stesura di un elaborato suggerisce di NON iniziare dall’introduzione.
Perché, vi chiederete? Ci sono diverse risposte. La prima è frutto del nostro istinto a non uscire dalla nostra confort zone. L’introduzione è quella parte in cui generalmente riassumiamo una serie di ovvietà e di cose trite e ritrite, in cui presentiamo (spesso facendo copia-incolla) definizioni e tabelle di criteri diagnostici, in cui per l’appunto presentiamo il tema della nostra trattazione a qualcuno. Il problema è che come potete immaginare, la minestra riscaldata non è il massimo della vita. Partire con la scrittura dell’introduzione significa dedicare tempo a una parte meno “impegnativa” della tesi.
Il suggerimento è quindi quello di partire con la stesura della parte “esplorativa” di cui si parlava poco sopra.
Questo serve anche a “orientarvi” successivamente. Se i vostri risultati parlano di un argomento X, è abbastanza superfluo parlare di Y, W e Z (io direi: è decisamente sbagliato, più che superfluo…): state andando fuori tema, state dedicando tempo e energie e scrivere un argomento che non è quello della vostra tesi, e con buona probabilità il vostro relatore vi dirà “cancella tutta sta roba, che non c’entra nulla con la tua tesi!”. Se state facendo una tesi sugli effetti cardiovascolari dei peperoncini, forse un’introduzione in cui parlate di tutta la storia dei peperoncini dagli albori dell’umanità, in cui approfondite l’uso degli spray al peperoncino come arma di autodifesa, e in cui presentate gli ultimi ritrovati della cucina molecolare per la sferificazione della capsaicina sono tutti argomenti… un po’ inutili, ecco.
A cosa devo fare attenzione quando scrivo?
Ci sono una serie di suggerimenti “pratici” che ho raccolto negli anni, e che a mio avviso sono quasi essenziali per la stesura di una tesi.
- La grammatica. Sì, so che è una cosa da boomer, ma una tesi scritta male non si può vedere. Passino gli errori di battitura (chissà quanti ne ho fatti io in questa guida), ma tempi verbali buttati a casaccio, discordanza fra soggetto e verbo (“lo studio di Tizio, Caio et al rivelano che”), frasi “mozze” o frasi da 7 righe sono veramente l’indizio di una scarsa attenzione al lavoro.
- La bibliografia. Chiariamo subito una cosa. “La bibliografia la faccio dopo” è una scusa che diciamo a noi stessi (e al relatore) perché non ci abbiamo prestato attenzione prima. In una tesi, ogni frase (o quasi) deve essere supportata da evidenze scientifiche. Vogliamo dire che la formula dell’acqua è H2O? Ok, possiamo evitare di usare una citazione. Vogliamo dire che i ritmi sonno-veglia cambiano se una persona vive al buio per un determinato lasso di tempo? Ecco, qui una citazione va messa obbligatoriamente, perché serve al lettore a contestualizzare (se vuole) lo studio. Con applicazioni come Zotero inserire una citazione richiede non più di due clic, e ci vuole molto di meno a mettere una citazione mentre scriviamo che a doverla mettere a posteriori.
- Le abbreviazioni. Se scrivete qualcosa che può essere abbreviato per comodità, fatelo. Ma se lo fate, siate consistenti nell’uso delle abbreviazioni. Se scrivete “Disfunzioni sessuali femminili” e volete abbreviarlo con la sigla inglese FSD (Female sexual dysfunctions) fatelo senza problemi. Ma poi usate FSD ogni volta che capita: se una volta scrivete la locuzione per intero, una volta la sigla, poi una volta una sigla diversa (DSF, “italianizzando” FSD…) state dando al vostro relatore e a ogni lettore attento l’idea che il vostro lavoro sia stato superficiale. Immaginate di vedere una serie TV dove lo stesso attore nella stessa scena ha due abbigliamenti diversi in base all’inquadratura… o di leggere un libro dove ogni pagina ha un carattere diverso… quanto vi darebbe fastidio?
- I termini colloquiali. Scrivere un elaborato scientifico richiede un certo grado di formalità. Non si può scrivere “ho scelto questo tema per la tesi perché lo trovo molto bello” perché (oltre a essere una frase degna di un bambino di terza elementare) è un tono eccessivamente informale e trasmette un senso di superficialità. La scrittura di un elaborato richiede che non ci siano frasi in prima persona singolare, usando una terminologia idonea e tecnica. Lasciate a casa punti esclamativi, domande retoriche, giochi di parole e battute.
- La grafica. Molte università forniscono una “guida” su come formattare la tesi (cioè che carattere usare, che dimensioni e margini, ecc). Altre non lo fanno. In linea di massima ci si cura della forma “editoriale” della tesi dopo che i contenuti sono stati completati. Non passate ore a decidere se è meglio mettere i titoli in blu o in verde (e quando decidete, ricordatevi di essere coerenti nel testo).
- Le scadenze. Quando si scrive un elaborato, è una buona idea darsi un “timing”. Questo vale soprattutto quando si parla di scrivere una tesi, perché ci sono anche delle scadenze imposte (ad esempio: la data entro cui caricare online la versione definitiva della tesi) e non è mai una buona cosa arrivare sul filo del rasoio. Considerate che il vostro relatore dovrà leggere la tesi e mandarvi le opportune correzioni da fare, quindi è una buona idea quella di non inviare il file all’ultimo secondo. Datevi una scadenza “interna”, tipo entro questa settimana finisco di leggere tutti gli articoli che ho preso o entro fine mese devo aver concluso almeno il capitolo esplorativo di modo da darvi una regolata in maniera autonoma. (Suggerimento: darvi una scadenza realistica ha anche il vantaggio di aumentare modicamente la quota di stress “buono”, che aiuta l’apprendimento, e riuscire a portare a termine il compito in tempo dà una botta di dopamina, che dà la sensazione di benessere). Piccola nota: ricordatevi che siete voi a dovervi laureare, quindi è vostra responsabilità quella di fare le cose nei tempi giusti…
- Il flusso di lavoro. Una delle più grandi perdite di tempo è quella di rileggere il testo frase dopo frase durante la scrittura per capire se tutto “fila”. Molti esperti di scrittura scientifica dicono che questo processo “spezza” il flusso di lavoro, perché nel momento in cui scriviamo interpretiamo il ruolo dell’autore, e quando rileggiamo quello del correttore. Questo continuo “scambio di ruoli” crea una serie di intoppi funzionali, perché il nostro cervello è teoricamente programmato per far bene una sola cosa alla volta (il multitasking è dannoso per la salute mentale e in generale per l’attenzione).
- Limita le distrazioni. Viviamo in un mondo iperconnesso, riceviamo centinaia di mail e messaggi al giorno, e come detto al punto precedente questo continuo “switch” nei nostri processi attenzionali drena le nostre capacità intellettive. Ci sono un sacco di metodi per limitare le distrazioni a un momento particolare (io personalmente sono un grande fan del metodo pomodoro), ma generalmente può essere utile anche solo impostare la modalità Non disturbare (o addirittura la modalità aereo se volete fare sul serio) sul telefono per riuscire a dedicare un po’ di tempo al lavoro senza distrazioni. PS: noterete che le persone che vi stanno attorno, notando che siete incredibilmente concentrati/e su qualcosa, sentiranno l’incontrollabile bisogno di rompervi le palle per cose di nessuna importanza. Cercate - per quanto possibile - di ritagliarvi un momento in cui non ci siano rotture da parte di genitori-fratelli-sorelle-nonni-cugini-figli eccetera.
- La tua prospettiva. Una volta concluso il processo di scrittura, dovresti rileggere il testo per avere la conferma di non aver fatto errori. Ma guardare il file a schermo può essere controproducente, soprattutto perché è facile distrarsi con una notifica, o essere talmente abituati a vedere il testo a schermo da non trovare più errori. Quindi il suggerimento è: cambia la prospettiva! Stampa il file e leggilo in formato cartaceo (magari con una matita o un evidenziatore a portata di mano per segnare eventuali cose da correggere). Oppure cambia il carattere del testo, guardalo su un altro dispositivo, insomma trova un modo per “staccare” da quanto hai fatto fino a quel momento. Sembra una fesseria, e invece aiuta tantissimo.
- Non accollarsi male al relatore. Il lavoro di un professore è il più bello del mondo (ma io che lo scrivo sono di parte). Però essere professore non significa essere solo il relatore di una tesi. Il vostro relatore è anche il relatore di altre tesi, è una persona che deve incastrare tanti impegni lavorativi (studio, lezioni, esami, congressi, attività assistenziale o di consulenza) e tanti impegni personali (famiglia, per dire la più banale…) e non sempre sarà disponibile al 100% nel momento in cui vorreste che lo sia. Mandare 50 mail/messaggi per chiedere cose di poco conto non è una buona prassi, e rende più difficile trovare il tempo di rispondere. Chiaramente è importante che riceviate risposta, quindi in caso non riceviate risposta entro 2-3 giorni magari avete tutto il diritto di fare un remind, perché come detto prima siamo esseri umani anche noi e sbagliamo come tutti.
That’s all, folks!
Con questa lunghissima serie di suggerimenti si chiude questa guida.
Spero che sia stata utile e spero che abbia aiutato a chiarirti un po’ come procedere in questo mondo. Andando avanti col tempo, se vorrai proseguire la carriera da ricercatore o ricercatrice, tieni a mente che gli elaborati sono più o meno tutti strutturati nello stesso modo. Si impara sul campo: come per la bicicletta, all’inizio è difficile, poi diventa sempre più facile quando si acquisisce maggior padronanza dello strumento.
In bocca al lupo per il vostro lavoro e per il vostro futuro!
See you, space cowboy…