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Creare un secondo cervello

Cosa significa “un secondo cervello”?

Il nostro cervello crea una serie di connessioni neurali che servono a svolgere tutte le sue funzioni. Memoria, emozioni, trasmissione degli impulsi, sono tutte funzioni che derivano dall’architettura cerebrale. L’idea che sta dietro software come Obsidian è quella di creare una rete di connessioni fra i nostri appunti.

Questa cosa sembra un po’ fantascienza, ma non è nulla di particolarmente innovativo. Su Internet trovate molte informazioni su questa cosa (in italiano, a onor del vero, ne trovate non molte…) cercando con il nome del sistema che è stato sviluppato nel secolo scorso in Germania da un sociologo, Niklas Luhmann. Luhmann nella sua vita ha scritto un quantitativo mostruoso di note, che altro non sono che foglietti di carta su cui appuntava le cose che trovava interessanti nelle sue letture, e che metteva in correlazione in un sistema di archiviazione auto-costruito. Nello scrivere i suoi appunti, Luhmann pensava a come ogni appunto potesse interagire con altri appunti presi in precedenza. Se vi sembra qualcosa di “già visto”, è perché probabilmente avete ragione: è un meccanismo simile a quello che sta alla base di un sito di scarsa rilevanza che forse avrete visto un paio di volte di sfuggita, e che prende il nome di Wikipedia.

Luhmann nella sua vita scrisse circa 90 mila note. Incrociando queste note, Luhmann scrisse (più o meno) 400 articoli e 70 libri. Not bad. Il suo sistema, che prende il nome di Zettelkasten (scatola di note, o archivio di schede, più o meno), è chiaramente frutto di un lavoro di carta e penna che difficilmente trova applicazione nel mondo moderno; tuttavia, coi potenti mezzi della tecnica, possiamo fare una cosa simile. E possiamo integrarlo con gli altri strumenti in nostro possesso per massimizzare la resa e ridurre al massimo lo sforzo.

In cosa consiste una nota?

Ecco, uno degli aspetti più “ostici” di questo meccanismo è insito in questa prima domanda. Trattandosi di una cosa “autogestita” in cui chiunque può crearsi un suo modo di lavorare, non esiste una risposta giusta. Questa che segue è una mia personale e spassionata interpretazione, che personalmente trovo funzionante. Se però non vi risulta comoda, potete cercare online mille altre informazioni. Troverete video e/o tutorial scritti su cose tipo il PARA System, o video di Bryan Jenks o di Nick Milo in cui vengono spiegate cose ultra-dettagliate. Io ho cercato di riassumere tutto in un sistema che uso solo per ricerca, quindi più limitato rispetto ad altri (che usano lo stesso sistema per cose che vanno dalla gestione di casa alla creazione di un diario personale e via dicendo). Quindi il mio concetto di “cos’è una nota” si riassume in poche righe.

  • una nota “di letteratura” o “bibliografica” è una nota in cui sono presenti i dati dell’articolo o del libro che ci interessa. Idealmente questa nota include dati “oggettivi”, come autore, data, titolo, ma puoi aggiungere dei dati soggettivi, cioè le nostre evidenziature, i nostri commenti e i nostri appunti.
  • una nota “permanente” è una nota in cui a partire dai contenuti personali presenti nella nota bibliografica si formula un pensiero coerente. La logica dietro alla nota di letteratura è: “riusciresti a spiegarlo a parole tue in modo che tu stesso possa capire questo appunto fra 5 anni?”. Nonostante sia “permanente”, è una nota che è destinata a cambiare nel corso del tempo in base a quello che leggiamo e che pensiamo: intendiamo che è permanente nel senso che una volta creata ci aspettiamo che resti per sempre nel nostro archivio.
  • una nota “volante” è un pensiero fugace che viene mentre stiamo facendo altro e che vogliamo metterci per iscritto per non dimenticarlo.

Nel suo manuale “Come si fa una tesi di laurea”, Umberto Eco parla di schede bibliografiche e schede di lettura, che sono sostanzialmente la stessa cosa delle note bibliografiche e permanenti. Il manuale è molto semplice, pieno di esempi e scorre benissimo, quindi potreste pensare di comprarlo (costa una decina d’euro nuovo, usato lo trovate anche a meno): tenete conto che è stato scritto per materie prettamente umanistiche circa 50 anni fa, quindi oggi possiamo usare, se vogliamo, la tecnologia a nostra disposizione per agevolarci il compito.

Se non volete usare i software, potete cavarvela benissimo (giuro) con carta e penna. Qualche anno fa io stesso ho preso un quaderno formato A5 e l’ho utilizzato per appuntarmi manualmente le cose che mi servivano per un lavoro specifico che dovevo fare. Mi è servito per fare una “prova su campo” di una versione molto diluita di questo approccio (e ha funzionato), ma chiaramente ora c’è lo svantaggio che quegli appunti sono fissi su un foglio di carta e non sono in un “archivio digitale” che posso consultare facilmente. L’aneddoto personale sicuramente non vale come evidenza incontrovertibile, ma tutto sommato vale sempre il concetto che se ce l’ho fatta io, ce la può fare chiunque.

Cos’è Obsidian e perché ci aiuta

Obsidian è sostanzialmente un editor di testo. In pratica come Word, Pages, quello che usate abitualmente… ma utilizza un formato diverso, che si chiama Markdown. In termini tecnici e solo vagamente simili a quelli che usa Wikipedia per definirlo, Markdown è un linguaggio di markup con una sintassi del testo semplice. Chiarissimo, no? In breve Markdown è un formato di testo in cui si fa più attenzione al contenuto che alla forma. Il vantaggio di Obsidian è che consente di creare dei collegamenti bidirezionali fra le pagine. Anche qui, se mi sembra una cosa alquanto simile a Wikipedia, non avete torto…

A questo punto abbiamo due possibilità. Una è un po’ più semplice, l’altra è un po’ più da smanettoni. Prometto che però non è impossibile da fare e che se volete fermarvi alla parte “semplice” non c’è nessun problema. Il sistema “da smanettoni” aggiunge una cosa in più che non è assolutamente necessaria e che serve solo a “automatizzare” una cosa.

Il sistema semplice

Avete letto un articolo. Avete evidenziato le parti interessanti e ci avete riflettuto un po’. È il caso di rendere utile questo lavoro!
Apriamo Obsidian, creiamo una cartella che chiameremo (ad esempio) source-notes e inseriamo una nota in cui scriviamo i dati dell’articolo. Come titolo della nota possiamo mettere il titolo dell’articolo che abbiamo letto, o meglio ancora qualcosa di più identificativo, ad esempio il cognome del primo autore, le prime parole del titolo e l’anno, per facilitarci a riconoscerla. In questo caso ho preso per fare un esempio un articolo che avevamo menzionato poco fa.

Quando leggi un articolo o un capitolo di libro, il tuo primo obiettivo è capire cosa dice l’autore e registrare i dati per non perderli. Questa nota serve a dire: “Ecco cosa ho letto e dove l’ho trovato”.

Cosa deve contenere:

  • Riferimenti precisi: Autore, Anno, Titolo, Editore/Rivista (fondamentale per la bibliografia finale, ma se usi Zotero vedrai più avanti che questa parte potrebbe non essere così essenziale).
  • Concetti chiave: Un riassunto breve dei punti principali trattati nel testo.
  • Citazioni letterali: Se c’è una frase bellissima o una definizione tecnica, copiala tra virgolette e segna il numero di pagina.

Bene. Ora che hai scritto la tua nota bibliografica, pensa ai contenuti del testo e a come si integrano col tema della tua tesi. Non parti mai da zero, perché alcune cose le hai studiate nel corso dei tuoi studi, e quindi puoi prendere diversi “pezzi” del lavoro che hai letto e integrarli con quello che sapevi già. Ad esempio, se torniamo all’esempio di sopra (il paper dal titolo “You Probably Think this Paper’s About You: Narcissists’ Perceptions of their Personality and Reputation”, Carlson et al, 2011) puoi integrarlo con cosa sai già sul disturbo narcisistico di personalità, sul concetto di reputazione, e via dicendo.
Per ognuno di questi aspetti potresti creare una nota permanente in una cartella dedicata solo alle note permanenti, così da separarle dalle note bibliografiche. Ricorda: è fondamentale che sia tu a scrivere a parole tue il concetto che vuoi esprimere, perché si basa sulla tua lettura di un determinato testo e sulla tua precedente esperienza. Come detto altrove, la nota è permanente nel senso che non la cancellerai (perché è un prodotto del tuo ragionamento, e non va scartato), ma è qualcosa che muterà andando avanti col tempo studiando altro materiale.

Gli “esperti” di questo approccio suggeriscono di seguire alcuni principi:

  • Atomicità: Una nota = Un concetto. Se l’articolo parla di tre argomenti diversi che ti interessano, scrivi tre note permanenti diverse. Questo perché alcune cose che potrebbero sembrarti utili se viste nell’insieme (ad esempio: “le patologie ormonali possono causare disfunzioni sessuali”) potrebbero essere meglio gestite creando note più “specializzate” (ad esempio: “il testosterone regola la funzione sessuale”, “l’ipertiroidismo può causare eiaculazione precoce”, ecc). Se ti stai chiedendo perché, lo scopri alla prossima riga…
  • Connessione: Deve avere un titolo chiaro (es. “Differenza tra ansia e stress”) e, se possibile, un collegamento ad altre note che hai già scritto. Ad esempio, la nota dal titolo “l’ipertiroidismo può causare eiaculazione precoce” si potrebbe collegare a una nota dal titolo “segni e sintomi di ipertiroidismo”, o “cosa provoca l’eiaculazione precoce”. A loro volta queste note potrebbero collegarsi ad altre, ad esempio “inquadramento dell’ipertiroidismo” o “eiaculazione precoce e disfunzione erettile sono collegate”, rispettivamente. Quindi in pratica questo approccio consente di seguire un “filo conduttore” che porta da un argomento a un altro e viceversa, e in cui diverse note si connettono come una ragnatela.
  • Autonomia: La nota deve essere comprensibile anche se la leggi tra tre mesi, senza dover riaprire il libro originale. Sebbene sia una nota “atomica”, come dicevamo poche righe sopra, non deve essere necessariamente una nota breve (ma generalmente note troppo lunghe possono essere divise in concetti più “atomici”, appunto). Non c’è un modo “giusto” di fare, e focalizzare troppo sulla “forma” della nota (invece che sul suo contenuto) è un pessimo modo di procedere. Leggere, metabolizzare e riscrivere come se si stesse spiegando a una persona esterna: questa è la parte fondamentale, perché l’idea è che tu non debba ogni volta rileggere il testo originale per ricordarti cosa diceva.

L’uso di Obsidian ti consente di creare nuove note, e di collegarle fra di loro tramite l’uso di due parentesi quadre. Un buon approccio per iniziare a capire è quello di collegare le note alla loro fonte bibliografica, di modo da creare già una connessione. Per l’esempio seguente le mie note sono vuote (perché sono pigro, e perché era un esempio fatto solo per chi leggerà questa guida), ma il senso è questo. In Obsidian si può anche attivare il grafico (che qui vedete in basso a sinistra e che potreste aver già visto sopra) in cui vengono resi evidenti i collegamenti fra le note.

Potete anche creare una nota direttamente mentre scrivete il testo di un’altra nota, come nel video seguente. Il colore lievemente differente è perché è una nota che ancora non è stata realmente creata, ma cliccandoci sopra potete farlo. Perché potrebbe esservi utile? Perché magari quando state scrivendo volete mettervi un “promemoria” di una nota da scrivere, ma non volete interrompere la scrittura, e quindi può farvi comodo agire così.

Suggerimento conclusivo: potete anche aggiungere un collegamento alla fonte originale nel testo della vostra nota, oppure potete sbirciare nei “pannelli” a lato per vedere i link che portano alla nota.

Sistemiamo Zotero e Obsidian

Se avete seguito fin qui avrete probabilmente capito che il sistema è funzionale, perché crea una “rete” di informazioni connesse tra loro, ma che sostanzialmente può richiedervi più tempo di quanto vorreste. Fortunatamente Zotero e Obsidian possono “parlare” fra di loro, rendendo un po’ più snello il lavoro (e, a mio parere, anche risparmiandovi dimenticanze e errori che inevitabilmente potreste fare).

Questa parte è un po’ più da “smanettoni” rispetto alla cosa precedente, e riprende a piene mani da quella guida di cui vi avevo scritto sopra scritta da Alexandra Phelan (link se volete recuperare senza tornare a cima pagina). Non è essenziale, ma personalmente io la trovo utile, quindi ve la condivido.

Dobbiamo fare un po’ di cose, passo dopo passo.

  1. Scarichiamo da questo link BetterBibTex (BBT), un plugin per Zotero. Se volete sapere a che serve continuate a leggere questo paragrafo, altrimenti saltate direttamente al punto 2. BBT serve a creare automaticamente delle citekey, cioè delle “chiavi per la citazione”, sostanzialmente. Vi ricordate quando dicevo che potete usare una sorta di vostro “codice” per creare le note bibliografiche? Ecco, questo plugin crea in automatico un codice analogo dentro Zotero, quindi meno rotture di scatole per voi. BBT ha anche un altro uso: quando e se vorrete scrivere delle citazioni dentro una nota di Obsidian (come fareste nella stesura di un testo su Word, per capirci), BBT può prendersi cura di questo.
  2. Installiamo BBT in Zotero: aprite Zotero, cliccate fra i menu su Strumenti, poi su Plugins, cliccate sull’icona a forma di ingranaggio e cliccate su “installa da file XPI”. Trovate il file che avete scaricato al punto 1, e andiamo avanti.
  3. Apriamo Obsidian, apriamo le impostazioni (dai menu, oppure su Mac potete fare command + virgola), cliccate sulla tabella “Community plugins”. Cliccate su “Turn on community plugins”, poi su “Browse”, e poi cercate Zotero Integration nella casella e installatelo.
  4. Scaricate il file che vi allego qui e inseritelo nella cartella di Obsidian, meglio ancora in una sottocartella (io l’ho messo nella cartella templates).
  5. Aprite nuovamente le impostazioni di Obsidian, trovate a sinistra la casella con scritto “Zotero integration” e cliccatela. Se l’utility PDF richiede aggiornamento, fatelo (è la prima voce in alto). Poi attivate il tasto “ open the created or updated note(s) after import”. Poi copiate le impostazioni come nello screenshot seguente (NB: se avete chiamato le vostre cartelle source-notes e templates, come ho fatto io, va bene così; altrimenti, se le avete chiamate in altro modo, correggete con i nomi delle vostre cartelle).

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  1. Fatto! Ora potete usare i comandi rapidi di Obsidian (su mac con CMD+P, su Windows… non ne ho idea…) e scrivete “source-notes”. Se avete fatto tutto correttamente (e se non ho sbagliato io qualcosa nello scrivere la guida…), se avete Zotero aperto, dovrebbe comparirvi uno strumento per selezionare un articolo.

In teoria, se tutto è stato fatto correttamente, dovreste vedere qualcosa di molto simile al seguente video:

Quindi in pratica il sistema che abbiamo appena tirato su ha lo scopo di importare direttamente dentro una nota Obsidian tutte le informazioni dell’articolo (autore, data, rivista, abstract…) e le cose che avete evidenziato nel PDF. Questo file è completamente a vostra disposizione e potete modificarlo, ad esempio creando delle note a partire da quello che avete pensato… Come nell’esempio seguente.

Mettendo la frase fra due parentesi quadre abbiamo creato già buttato giù il titolo per una possibile nuova nota, che verrà creata appena ci cliccheremo sopra (come avevamo già detto prima).

Fatto. E ora?

Bene. Abbiamo gettato le basi per creare un “secondo cervello”: ossia per tenere traccia delle informazioni, archiviarle in maniera intelligente e creare delle connessioni fra di loro che rafforzino l’apprendimento e la memorizzazione. Le informazioni che archiviamo - le note permanenti - rappresentano un qualcosa su cui continuiamo a lavorare, tenendo quindi a mente le informazioni precedenti e andando via via ad ampliare e correggerle. Questo lavoro è inizialmente un po’ lungo e logorante, perché si tratta di partire sostanzialmente da zero, ma andando avanti contribuisce a creare un vero e proprio network di informazioni correlate fra di loro. E non raramente vi capiterà di trovare dei legami cui non avevate pensato inizialmente che vi serviranno per portare il vostro elaborato “là, dove nessun uomo è mai giunto prima”.

Quindi, in parole povere: con questo approccio avete iniziato a creare il contenuto della vostra tesi (o del vostro lavoro). A questo punto, però, è il caso di discutere un attimo di come scrivere la tesi (o il vostro lavoro), ossia della forma dell’elaborato. E per farlo, visto che questa pagina comincia a essere lunghetta, direi che è il caso di passare al prossimo capitolo